“ChatGPT, come stai?”: il prompt engineering come nuova competenza ibrida tra tecnica e relazione
- Redazione

- 1 giorno fa
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Gianluigi Bonanomi (classe ’75) è un giornalista hi-tech, autore e formatore di comunicazione digitale. Dopo la laurea con tesi sulle relazioni online, ha lavorato per oltre un decennio nell’editoria informatica (tra cui Computer Idea), ha pubblicato più di 20 saggi e manuali per editori come Mondadori, FrancoAngeli e Hoepli, e dirige la collana “Fai da tech” per Ledizioni. Oggi insegna Net Marketing (AI & Business Communication) all’Accademia di Belle Arti SantaGiulia e tiene corsi su AI generativa e prompt engineering, dove ha codificato i metodi G.O.L./G.O.L.D. e SO.C.RA.TE.—gli stessi che struttura e applica nel libro “ChatGPT, come stai?”
«La stupidità deriva dall’avere una risposta per ogni cosa. La saggezza deriva dall’avere per ogni cosa una domanda»: con questa cornice Gianluigi Bonanomi apre “ChatGPT, come stai?” e ci accompagna in un viaggio dove l’intelligenza artificiale generativa diventa banco di prova di una competenza nuova, ibrida, che salda progettazione tecnica e relazione umana.
Il titolo è una provocazione, ChatGPT non prova emozioni, non possiede coscienza, eppure reagisce meglio quando gli parliamo con intenzione, quando ancoriamo le richieste a obiettivi, vincoli, responsabilità, ricordarci di “chiedere come sta” non umanizza la macchina, ma umanizza le nostre pratiche.

Il libro ha un doppio respiro: saggio culturale contro l’ingenuità tecnofila e manuale operativo per chi deve, ogni giorno, ottenere output affidabili da LLM diversi. Bonanomi smonta il mito del “prompt segreto” e costruisce metodi riutilizzabili, G.O.L.D. (o G.O.L) come griglia per definire scopo, forma dell’output, limiti, dati e contesto, SO.C.RA.TE. come dispositivo dialogico che trasforma la sessione in co-progettazione, dove il modello fa domande, sperimenta alternative, chiede conferme e rifattorizza.
Il prompt non è un semplice input ma il ponte narrativo fra intenzione umana e macchina, un’istruzione che mette in scena ruolo, contesto, vincoli e prova, capace di piegare la probabilità del modello verso un esito utile, misurabile e responsabile. Intorno a quel ponte prende forma il prompt engineering come competenza-mosaico, dove hard skill (limiti dei modelli, esempi, formati, valutazione) e soft skill (scrittura chiara, ascolto, problem solving, negoziazione dei criteri) si fondono con semiotica, psicologia cognitiva e governance dei dati, mentre i ruoli evolvono in designer di interfacce uomo-macchina capaci di gestire comportamenti ripetibili, non solo testi “belli”.
La sezione sugli emotion prompt è tra le più convincenti, non c’è antropomorfismo, c’è evidenza che il framing motivato, “per la reputazione del brand è fondamentale gestire bene questo reclamo”, migliori accuratezza e responsabilità perché esplicita priorità e standard del compito. Bonanomi rilegge il termine “prompt” dalla riga di comando del DOS al design conversazionale, oggi il prompt è brief, specifica funzionale, regola d’ingaggio e metrica di accettazione, tutto in un atto linguistico che chiede disciplina editoriale e rigore progettuale.
Da formatore, l’autore è pragmatico, propone checklist, pattern (ruoli, vincoli, few-shot, criteri di verifica), pratiche di controllo qualità (fonti, separazione tra drafting e validazione, “golden set” di esempi), avverte di rischi noti, allucinazioni, bias, obsolescenza, e insiste su una governance che standardizzi template per funzioni diverse (customer care, HR, legale, marketing), formi le persone come si fa con Excel o PowerPoint e misuri impatti con metriche comprensibili a manager e team.
Ne esce un testo riusabile in azienda, a scuola e nella PA, un manuale da margine pieno di note. Qualche ripetizione e un’altalena nella nomenclatura dei metodi non inficiano l’impianto, il pregio più grande è l’onestà con cui rifiuta la favola dell’IA senziente e sposta la responsabilità su chi progetta le domande.
“ChatGPT, come stai?” rimette la questione al suo posto, il valore non sta nell’estrarre risposte qualsiasi, ma nel coltivare domande migliori, è qui che il prompt engineering diventa la competenza ibrida del lavoro, dove tecnica e relazione non sono opposti ma ingranaggi della stessa macchina.




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