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Immagine del redattoreArianna Sarti

Quanti di noi hanno vissuto l’esperienza un tradimento da parte dei propri vestiti?

Pit Stop: la tua pausa rigenerante nel mondo HR ☕🚦

Benvenuti nel nostro Pit Stop, uno spazio pensato per prendersi una pausa dalla frenesia quotidiana e dedicarsi a letture che ispirano e intrattengono. Qui troverete contenuti trasversali sul mondo HR, perfetti per accompagnarvi durante il caffè o una breve pausa. Rallentiamo insieme il ritmo, ricarichiamo le energie e ripartiamo con nuove idee!


 

Potrebbe essere stata una camicetta non asciugata bene, che ti sorprende inaspettatamente con quello strano odore di muffa; o il fedelissimo mocassino che ha resistito anni, e proprio quel giorno improvvisamente decide di cedere perdendo parte della suola; una macchietta che non era visibile in casa, ma che alla luce del sole sembra il bavaglio di un neonato dopo trenini vari. Tutti coloro che hanno provato sulla pelle il disagio del tradimento di un proprio capo di abbigliamento sanno quanto è importante potersi fidare dei propri vestiti e del proprio outfit, per tutti gli altri, c’è sempre tempo per imparare a prevenire il disastro.



Nel contesto del lavoro in particolare, siamo spesso messi alla prova nel relazionarci con persone di diverso tipo, verso ognuna delle quali, affinché la nostra comunicazione sia davvero efficace, deve passare una specifica immagine di noi. Credo sia superfluo argomentare il perché sarebbe impossibile costruire un look per ciascun messaggio che intendiamo trasmettere: in un’intera giornata di lavoro potrebbe essere necessario incontrare molti interlocutori diversi, e dover esprimere numerose sfumature di noi.

Il dilemma che ne consegue è: a quale di queste sfumature scegliamo di dare visibilità con il nostro abbigliamento?

Il suddetto dilemma, che ci tiene per inesauribili manciate di minuti a fissare l’armadio, potrebbe essere affrontato seguendo pochi semplici passi analitici:


  • Analizzare tutti gli incontri e avvenimenti dell’incombente giornata lavorativa

  • Selezionare l’incontro il cui esito è per noi più significativo

  • Categorizzare il messaggio che a tale incontro intendiamo trasmettere al nostro interlocutore

 

Partiamo dal presupposto che la nostra comunicazione fisica e verbale può essere considerata un intero spettro cromatico e può, di conseguenza, declinarsi in forme infinite di espressioni. Questa complessità aumenta ulteriormente se aggiungiamo le variabili di percezione del nostro interlocutore: ad esempio, gli stavamo simpatici prima di quell’incontro? Ha trovato parcheggio davanti alla porta? Odia i pantaloni a quadretti?

 

Davanti a queste variabili risulta più che mai evidente quanto sia complesso il terzo punto risolutivo del dilemma, quindi, per avere un manuale di lettura semplificato alla scelta, ipotizziamo di dividere la possibile immagine che vogliamo dare di noi in due macrocategorie che nomineremo il boss e l’amico.

 

Il boss è rappresentato dalla volontà di essere rispettati: quando vogliamo esprimere questo messaggio abbiamo bisogno che la nostra figura sia percepita con particolare riguardo e stima. Se siamo il boss, dobbiamo metterci per alcuni momenti su un gradino quasi impercettibilmente superiore rispetto alla controparte e far sì che trapelino sicurezza, assertività e convinzione.


Quando un boss arriva nelle nostre zone, si fa sicuramente notare con un passo deciso e una scarpa lucida, un mocassino o degli stivali/stivaletti. Mentre sta in piedi davanti a noi, non possiamo fare a meno di notare la simmetrica precisione del colletto della sua camicia (rigorosamente monocromo) che spunta dal gilet o da sotto la giacca; anche da seduto/a il pantalone o la gonna in taglio sartoriale cadono in modo impeccabile.

 

Dal lato opposto del ring, l’amico è quello con cui ti senti a tuo agio a parlare male del boss. In questi panni dobbiamo trasmettere fiducia, permettere al nostro interlocutore di lasciarsi andare ad un livello di confidenza maggiore. L’amico si siede con disinvoltura accanto a noi e indossa dei pantaloni da lavoro (nel senso americano del termine) o dei jeans; ha le maniche della polo tirate un po' su sugli avambracci e porta la nostra riunione ad un livello di chiacchiera. Indossa le scarpe da tennis, ma siccome vuole comunque mantenersi amico anche della Fashion Police, segue la regola dell’utilizzo. Nell’indossare delle scarpe da tennis/sneakers in un contesto lavorativo si chiede: “posso utilizzare questa scarpa anche per fare sport?” se la risposta è sì, non sono quelle giuste.

 

In generale, possiamo essere chi vogliamo, o quanto meno possiamo scegliere di vestirne i panni.


Qualsiasi sia l’occasione, non dobbiamo mai dimenticare che nessuno può farci sentire a disagio o insicuri se non glielo permettiamo; quindi indossate i vostri abiti più amati, ma anche i più spumeggianti con l’unico accessorio davvero efficace: il mento alto.

 

PS: siamo grati dei nostri outfit e prendiamoci un minuto di silenzio per coloro che devono indossare le divise a lavoro.


Bio Autore

Arianna Sarti

Arianna Sarti | Executive Assistant Sales & Control

Arianna è l’anima multitasking di HRZ. Giovane e dinamica, sa trasformare anche la giornata più caotica in un piccolo capolavoro di organizzazione, sempre con una tazza di tè caldo accanto. Appassionata di lettura e viaggi, trova ispirazione tra le pagine di un buon libro o perdendosi tra le strade di una nuova città.

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